giovedì 3 maggio 2012

Broken Strings

Ti direi
che ti osservo ammirato
che leggo ansioso le tue labbra
che la luce nei tuoi occhi abbaglia i miei
che percorrerei le volute dei tuoi capelli come 
neri sentieri per annegare nel mare dei tuoi pensieri
se davanti a te non fossi una chitarra privata delle sue corde

domenica 8 aprile 2012

Sicuro come un (as)segno

Buio e un qualche suono ovattato. D'improvviso ti senti tirare, ti senti spinto, una sinergia che ti indirizza, senza farti la cortesia di chiederti come la pensi, in un mondo di luce. A testa in giù non fiati, almeno fino a che non arriva lo schiaffo, e zampillino allora le fontane: si può anche sopportare che ti sputino nel mondo dei vivi senza che tu possa dire la tua, ma devono proprio darti subito un così chiaro indizio su come sarà la situazione da lì in avanti? Chi l'ha detto che illudersi, o sperare che dir si voglia, è così sbagliato (e anche l'abbia detto qualcuno, perché dev'essere preso per assodato)?

E' per il tuo bene...
Sarò poco più di un feto, ma tu pretendi di strapparmi da un posto dove non si sente il peso della gravità, ci si nutre senza dischiudere le labbra, dove anche i peggiori rumori sono ingentiliti per accarezzare appena i timpani, non pago mi picchi, dici che il tutto è per il mio bene, e dovrei crederci? Devo anche dire grazie?

Ti faccio piangere per farti respirare.
E con lo shock sopra descritto, devo per forza piangere? Una risata non sortisce lo stesso effetto?

Il pianto è innato, mentre per poter ridere bisogna prima imparare.
Effettivamente in quella situazione i tempi sono più stretti dei ritmi di un consueto imprinting...mi hai convinto!
Ma non ti appioppano unicamente l'esistenza; la corredano con un nome e un segno zodiacale, come ad intendere "d'ora in avanti sei, e ci piace pensare che sei così". Qualcuno per te decide che tu sei un Mario, piuttosto che un Giovanni, un Andrea, un Ludovico...mi sono sempre sentito un Marco, netto e deciso, quasi aspro, proprio come una C che segue una R (inutile specificare che fu altrimenti).
Per il segno c'è un discorso particolare: è il tempo che sceglie il tuo carattere. Il fatto che i responsabili della tua esistenza abbiano deciso nove mesi prima di essere uno, senza barriere, determina sotto quale tetto di stelle andrai a ripararti: tutti dalle forme diverse, rispondono alle intemperie in maniera differente, così che si può prevedere come reagirà chi sta sotto.
Conoscere qualcuno perché sappiamo in che modo qualche millennio fa, sulla cupola notturna, siano stati congiunti i puntini sfavillanti: arroganza senza pari.
Spendiamo buona parte del tempo che ci è concesso a guardarci dentro, tentando di decifrare la nostra Stele di Rosetta, che come se non bastasse, tende a cambiare i caratteri su di essa incisi: oggi ci dice che siamo "aleph", ma domani potremmo anche essere "yodh".
Da parecchi anni a questa parte credo nei numeri, nelle equazioni e nella logica che conduce al ragionamento, cerco di leggere la realtà per quella che è non che potrebbe essere: vedo il bicchiere sempre del tutto pieno, ricolmo per metà d'acqua, per metà d'aria. Suppongo allora che se mi sentirò chiedere "di che segno sei?", risponderò:
"del meno; per me esistono solo due segni, il più e il meno. Il meno viene accostato ai termini dell'equazione per sovvertire le regole del gioco, a volte semplifica, a volte complica, spesso toglie, ma non sta a guardare come fa il più, che semplicemente si aggiunge e camaleontico si adatta alla situazione senza mai dire la sua...e nel mio zodiaco sei libero di scegliere che segno interpretare".

lunedì 6 febbraio 2012

Ties That Bind

Cos'è la vita di un uomo se non la trama intessuta con i fili che lo legano ad altre trame, di pari complessità cromatica? Fin dal principio della nostra esistenza c’individuano come facenti parte di una "famiglia", forse il concetto astratto più concreto che l'uomo abbia mai concepito: un artificio dell'istinto di sopravvivenza umano, che difficilmente viene riscontrato nella natura selvaggia. E' consuetudine tra la popolazione animale che i "cuccioli" restino tali, e legati ai genitori, fintantoché necessitino protezione, ma dall'istante del raggiungimento dell'indipendenza, i fili che legavano le fiere si strappano e scompaiono, come impronte sulla sabbia allo sferzare del vento. Nel caso della specie umana questi legami crescono col passare del tempo, diventano solide funi che legano l'un l'altro la totalità degli individui su questa terra, pur anche quando il figlio abbia dato vita ad un suo nucleo familiare "indipendente" - indipendente è forse la parola meno adatta in questo discorso. Sono davvero così indissolubili questi legami? Famiglia, amici, amori, ci piace parlarne sempre all'infinito, dargli un’anima che profumi d'indissolubilità.
Ma i fili sono strutture con altissima resistenza a corto raggio, un filo lungo che debba unire due entità distanti può essere spezzato molto facilmente: curioso come gli oggetti che coinvolgiamo in questo tipo di similitudini si rivelino a volte molto più espressivi di quanto non ci aspettassimo. La distanza disfa i fili che ci legano l'un l'altro, per quanto forte crediamo un legame, dovremmo tener presente che questo esiste solo nella nostra testa, non c'è nulla di reale che ci costringa a qualcuno, e con la distanza tendiamo noi stessi a sciogliere i nodi che c'erano, spesso perché li riavvolgiamo intorno ad altri che ci ripagano con medesima moneta. Una volta compreso questo, perché continuare a sentirci costretti, nostro malgrado, ad altri? Dovremmo poter sentirci liberi da qualsivoglia ancora; eppure ci sono persone che sono il nostro polo inverso, a cui andiamo incontro come soggetti ad attrazione magnetica. E' in queste occasioni che mi stupisco della potenza della mente: essere ben consapevoli di qualcosa eppure esservi irrimediabilmente soggetti. Amore, la costrizione più forte eppure così piacevole, come fossimo legati ed imbavagliati, ma con nastri della più delicata e confortevole seta immaginabile; se si è provato amore almeno una volta, ci troveremo ad indossare le catene più pesanti mai forgiate, rincorreremo di continuo quell'immagine, per sfocata che sia; alcune persone si danno agli "appuntamenti compulsivi" sperando di aumentare le probabilità di riavvolgersi nella seta. Ma due persone sono come tessere di un mosaico, e provare tutti i possibili accostamenti non darà mai il risultato sperato, solo una sapiente giustapposizione dà forma ad una figura di senso compiuto.
Siamo umani e quindi commettiamo errori, ma più i legami sono forti, più gli sbagli stringono il cappio delle corde, provocandoci dolore; l'algebra del mutuo amore è davvero strana: il risultato è dato da una somma d'errori, ma esso è di grandi dimensioni se i fattori della sommatoria sono pochi. Sapendo che non c'è niente di concreto, che è tutto nella nostra mente, per forte che sia, perché allora gettarsi senza esitazioni nella tela di questo ragno?
Perché la sensazione della seta a contatto con la pelle è davvero senza pari.

venerdì 20 gennaio 2012

Lei

Lei (20/10/2009)

...Donna...pronunciando questa parola sentiamo la nostra bocca ricolma, vengono coinvolti i denti, le labbra, la lingua, le guance...è curioso notare come una semplice parola, che funge da fin troppo stretto scrigno contenente un immenso significato, con la sua sola sonorità possa rispecchiare il concetto che costituisce questa figura umana. Quella a cui riesci a riferirti con "lei" è qualcosa che ti coinvolge per intero, non tralascia il minimo anfratto encefalico dove il tuo pensiero può trovare riposo dalla sua idea, e la cosa più  incredibilmente stupenda è che nemmeno c'è la volontà di trovare suddetto rifugio. Se nella tua vita c'è un nome di donna qualunque è ben diverso...gli uomini attribuendo un nome alla propria compagna le danno consistenza materiale, perché non si sentono trasportati ad un livello superiore; ma quando nella tua vita c'è una "lei" non puoi esentarti da legarla a qualsivoglia pensiero di passaggio nel privato del tuo io, anzi è proprio un qualsiasi pensiero che viene legato a "lei", matriarca della tua mente. Come sia possibile che qualcosa di mortale possa avere in se una così forte essenza credo che non riuscirò mai a spiegarmelo, eppure non voglio smettere di chiedermelo. Che cosa, perché, come...le maggiori opere sono state compiute in nome di una "lei", basti osservare anche solo distrattamente la letteratura mondiale; nel 1939 il padre della psicoanalisi abbandonò la sua forma materiale mentre ancora si interrogava sull'universo femminile...Sono arrivato alla conclusione che per portare il genere umano a tanto, il Divino deve aver instillato una goccia di se nelle "lei" sparse per il globo. La Donna è persino esente dalla più grande legge che governa l'universo dalla notte dei tempi, "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma": ebbene "lei" è capace di creare ciò che tutti possediamo, ma di cui nessuno è vero padrone, la vita! Tanti saluti caro Lavoisier! Se proprio vogliamo salvare il chimico francese, possiamo pensare che "lei" trasforma amore in vita, in un altro ente umano, il quale nei primi istanti di coscienza è capace di fare una sola cosa, ritrasmettere la forza generatrice, ossia amare: è nuovo al mondo, non conosce nessuno, eppure d'istinto ama la madre, colei che è stata capace di trasformare l'astratto in vita e materialissimo corpo umano; durante 9 mesi "lei" è portatrice di futuro! Ma la Donna fa del male, ci fa del male; questo perché è necessario comprendere che "lei" è come una rosa di fatale incanto, fiore di sublime bellezza ma anche di aspro dolore: veniamo trafitti dalle dolorose spine perché vogliamo coglierla con rude forza, mentre per poterne assaporare il profumo, per nutrire i nostri occhi della sua bellezza, dobbiamo fare attenzione ad evitare le spine, ed usare delicatezza...sì per cogliere una Donna ci vuole delicatezza! Lo stato di esaltazione a cui sei trasportato dall'unisono di due cuori può anche portarti a capire: sì, ad un certo punto capisci qual è la loro forza, quando la vedi, dopo una notte di passionale arrendevolezza reciproca, con addosso l'appagante stanchezza del piacere fisico e spirituale che lei ti ha donato...quando la vedi...il lenzuolo ne traccia il dolce profilo, con occhi chiusi "lei" respira  vita: cosa c'è al mondo più bello di una donna?

domenica 15 maggio 2011

Pausa Lunga

...così viene scritto nei copioni degli attori, con questa coppia sostantivo-aggettivo, magari solo protetta dalla labile barriera di due parentesi (pausa lunga), o da quella più marcata dei trattini -pausa lunga-, si vuole indicare l'esigenza di un momento di stop, di riposo; magari il riposo dell'attore stesso che dopo una riflessione più o meno lunga respira, e conclude; o ancora il personaggio fittizio che la compie quella riflessione, in quel momento, quando l'attore che gli da voce arriva a vedere "pausa lunga", ha la possibilità di prendersi un attimo solo con se stesso e tirare le somme di ciò di cui è andato discorrendo fino al "pausa lunga"; e il pubblico? Anche per il pubblico c'è bisogno di riposo, Dio sa come l'attenzione scemi sotto le sferzate dei soliloqui, fiumi in piena di parole che attraversano la quarta parete e straripano sul pubblico, inerme e comodamente(?) seduto: ed allora eccola lì, strategica come un presidio su un ponte, "pausa lunga", e tutti respirano...nessuno lo dice, ma è come se tutti, attore, personaggio e pubblico, in coro esclamassero "aaaaaaaaaah", così liberatorio dalla tensione accumulata fin lì.
E noi che non abbiamo un copione? Non abbiamo sceneggiatori che ci scrivano quando prenderci una "pausa lunga", né un regista che ci spieghi se quella che ci prendiamo è lunga abbastanza o troppo...e allora succede che l'esigenza ci trasformi, da interpreti quali siamo della nostra vita, dobbiamo anche farne gli sceneggiatori, e i registi; e funziona? Che domande, ma è ovvio, no che non funziona, senza separazione dei ruoli, niente funziona. Sommersi come siamo dagli impegni, dalle cose "da fare" finiamo per scrivere "pausa lunga" solo ed esclusivamente sulle cose che vogliamo fare, ci prendiamo riposo dal riposo invece che dall'impegno, ed è così che il lavoro, lo studio e quant'altro occupano tutto il copione, mai una parentesi o un trattino che ci facciano sperare nel respiro...e allora, una volta a casa, ormai a fine pagina capiamo di non aver mai scritto il "pausa lunga", ma lo sappiamo necessario, quindi solleviamo stanchi la penna e...ed eccolo lì nel posto sbagliato al momento sbagliato; e così mettiamo in pausa il recitare, spesso direttamente fino alla pagina successiva che vediamo preoccupantemente bianca, e allora la "pausa lunga" termina, ci rimettiamo a scrivere, a recitare quello che scriviamo, ripromettendoci di mettere in maniera più adeguata, più strategica il "pausa lunga" (non ci riusciremo spesso). Arrivando ancora a fine pagina constatiamo la desolante assenza di parentesi e trattini? "La prossima la scrivo diversa" e invece no, se non uguale sarà simile, con casuali sprazzi d’originalità, credendo di avere sempre tempo e spazio per scrivere "pausa lunga", non pensando che con le pagine che scorrono la rappresentazione volge al termine...e si corre il grosso rischio di scrivere davvero una pessima trama.

venerdì 17 dicembre 2010

Dedicata

Dedicata (12/07/2010) 

a te
che mi farai sorridere restando in silenzio, 
che mi contraddirai per il semplice gusto 
di farmi dispetto, 
che mi sosterrai nei momenti difficili, 
che mi creerai problemi 
in quelli facili, 
che mi toglierai il respiro col tuo sguardo, 
restituendomelo con le tue labbra
a te
...persona che non ho incontrato...

giovedì 16 dicembre 2010

Qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di blu

Premessa: care lettrici e cari lettori, il piacere di tradurre i miei pensieri in parole tramite l'ars scrivendi nasce molto prima di questo "matrimonio" col mondo del blog, quindi ho deciso che prenderò qualcosa di vecchio e lo "caricherò" qui, opportunamente corredato dalla data di creazione, un po' per mia comodità di archiviazione, un po' per non apparire completamente sconclusionato (non li metterò in ordine cronologico...andrò per istinto). 
Detto ciò, a voi...
----------------------------
Live Properly (18-09-2010)

Uno degli uomini che stimo di più al mondo disse "if you live properly, your dreams will come to you".

...se vivete nel modo giusto, saranno i vostri sogni a venire da voi...

non posso fare altro che aggrapparmi a questa frase, forse come un assetato si aggrappa ad un miraggio nel deserto.

Impegno costante, una passione tanto intensa da scottare chi mi circonda, ed energia, nella sua forma più pura, spesa con estremo piacere.

...eppure l'oasi mi sembra sempre più lontana

...e nel deserto fa caldo
...e sono vestito di soli stracci
...il sole risplende impietoso, il vento è sferzante
...e continuo a vedere l'oasi,
ma sono stanco.

martedì 14 dicembre 2010

To blog or not to blog, that is the question

...se sia più nobile d'animo scrivere di pensieri, parole, opere (le omissioni no, lasciamole essere fatti mai accaduti, e dunque non raccontati), spogliarsi d’ogni difesa e lasciar che l'altrui occhio fruisca della nostra nudità, o prendere come assodato e certo il fatto (forse scontato?) che il potenziale interesse mostrato, sarebbe solo derivante da curiosità fine a se stessa, e non già dalla mano autrice della permutazione dei 26 elementi dell'alfabeto che andrebbe a formare lo "scritto".
Perché scomodare Amleto, che si cruccia se vivere o morire (questione dalla prelazione più alta, indubbiamente), per il semplice dubbio riguardo lo scrivere e far leggere, o lo scrivere e basta?
Ma perché esternando il dubbio su uno degli intrecci introspettivi più complicati che la mente possa trovarsi a dover sciogliere, il principe di Danimarca si è fatto carico di essere un emblema (emmò te lo tieni caro mio!): l'emblema di tutti i dubbi, che sebbene diversissimi tra loro per contenuto, sono gemelli di struttura.
Il dilemma è posto nella forma "affermazione-negazione", e se ne valutano i pro e i contro - Chi vorrebbe, sopportar le frustate e gli insulti del tempo, le angherie del tiranno, il disprezzo dell'uomo borioso, le angosce del respinto amore, gli indugi della legge, la tracotanza dei grandi, i calci in faccia che il merito paziente riceve dai mediocri, quando di mano propria potrebbe saldare il suo conto con due dita di pugnale? - e si arriva a capire di quanto pavido possa essere il nostro pensiero - Chi vorrebbe caricarsi di grossi fardelli imprecando e sudando sotto il peso di tutta una vita stracca, se non fosse il timore di qualche cosa, dopo la morte, la terra inesplorata donde mai non tornò alcun viaggiatore, a sgomentare la nostra volontà e a persuaderci di sopportare i nostri mali piuttosto che correre in cerca d'altri che non conosciamo? Così ci fa vigliacchi la coscienza; così l'incarnato naturale della determinazione si scolora al cospetto del pallido pensiero. E così imprese di grande importanza e rilievo sono distratte dal loro naturale corso:
e dell'azione perdono anche il nome... .
Ma è dunque questo che il nostro danese emblema ci dice? Che tanto la parte affermativa quanto quella negativa del dubbio sono mosse dalla pavidità? - si sceglie di non fare per la paura dello sconosciuto, e si sceglie di fare per la paura del conosciuto.
Io invece leggo coraggio, leggo prendere coscienza di una situazione in atto e di un'altra in potenza, e leggo lo sforzo insito nel raggiungimento di qualcosa, che sarà bene, sarà male, sarà forse una nuova domanda, ma nuova e non la stessa.
E dunque il mio dubbio mi ha portato a scegliere l'affermazione sulla negazione (ma suppongo di condire col pleonasmo questa parte, state leggendo e non poteva essere altrimenti), ma non è stata una scelta dettata dall'egoismo, bensì dalla coerenza con una mia idea: che tutto abbia uno scopo, e allora perché non darne uno a ciò che faccio? Scrivo, mi esprimo e? No il fine a se stesso non mi ha mai convinto; quanto scritto fin'ora non sarebbe mai nato se non fosse per il dubbio (e d’Amleto e mio), che stavolta non poteva proprio risolversi nella negazione, perché non avrebbe caricato di senso d'esistenza questo ragionamento, l'avrebbe fatto diventare un paradosso, e se la storia ha orrore dei paradossi, chi sono io per dirmi temerario a tal punto da non temerli?